Il nuovo numero di CON_magazine.it approfondisce l’infinita disputa sulla (mancata) spesa dei fondi strutturali europei nel nostro Paese e, in particolar modo, al Sud.

L’analisi parte da una constatazione: l’Italia, e soprattutto le regioni del Mezzogiorno, non sono riuscite ad utilizzare gran parte delle risorse messe a disposizione dalla precedente programmazione, quella del sessennio 2007-2013. Uno spreco che si concretizza in modo particolare al Sud: ad ottobre restavano da spendere 18,6 miliardi entro il 2015, di cui 15 nelle sole regioni meridionali. Neanche l’introduzione del PAC (Piano Azione Coesione), promosso dal Governo nel 2011 per razionalizzare l’uso delle risorse europee al Sud (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) in interventi a favore di anziani e prima infanzia, ha dato i risultati sperati. Al 14 novembre, infatti, solo due quinti dei fondi sono stati utilizzati, 295 milioni su 730.

Questi insuccessi si trasformano oggi in posizioni discordanti – tra chi ritiene che le responsabilità siano legate all’inaffidabilità della classe dirigente meridionale e chi è convinto che si tratti dell’ennesima scusa per sottrarre risorse al Mezzogiorno – e decisioni politiche che fanno discutere.

Per il nuovo ciclo 2014-2020 l’Europa ha assegnato una dotazione di 43 miliardi di euro. La quota di cofinanziamento approvata dal Governo in questi giorni per Campania, Sicilia e Calabria, fanalini di coda per la spesa dei fondi 2007-2013, è scesa dal 50% al 25%. Un taglio complessivo di 8 miliardi.

La domanda è, allora, cosa fare per evitare di ripetere gli stessi errori? Cosa succederà con i fondi messi a disposizione per la programmazione 2014-2020?

In questo numero, abbiamo raccolto il punto di vista di Graziano Delrio (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) che afferma: <<I fondi devono essere utilizzati al Sud per uno sviluppo intelligente, autopropulsivo, che consenta ai territori di uscire dalla condizione di arretratezza economica  e sociale in modo stabile e duraturo. Il Mezzogiorno ha maggiore responsabilità, perché ha maggiori risorse a disposizione. A depauperarlo è chi non fa il suo dovere. Con la nuova programmazione il terzo settore può essere protagonista di una economia nuova.  L’Italia e il Mezzogiorno in particolare possono farcela se “mettono in sicurezza” i servizi fondamentali, quelli che cambiano la vita quotidiana delle persone, la scuola, il trasporto pubblico, i servizi idrici, sanitari, la raccolta rifiuti e se, nello stesso tempo, compiono scelte strategiche puntando sullo sviluppo delle proprie eccellenze>>. 

Gianfranco Viesti (economista), ci spiega perché i fondi strutturali al Sud non sono un flop: “E’ una leggenda metropolitana utilissima per tagliare le risorse al Mezzogiorno. Se le Regioni sono incapaci, si diano gli interventi in mano ad agenzie o ad amministrazioni centrali”. 

Carlo Trigilia (docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro e Ministro per la Coesione Territoriale durante il Governo Letta) evidenzia due criticità sull’utilizzo dei fondi: “La prima fa riferimento alla Commissione Europea, che ha un comportamento contraddittorio. La seconda è legata soprattutto al numero e alla qualità delle azioni che si possono avviare per realizzare i diversi obiettivi”.

Isaia Sales, scrittore e docente di Storia delle mafie, ha voluto sfatare, con il suo contributo, alcuni luoghi comuni sui fondi strutturali.

Carlo Borgomeo, Presidente della Fondazione CON IL SUD: “Perché la nuova programmazione 2014-2020 dovrebbe andare meglio della precedente? Se non c’è una comprensione condivisa delle cause e dei vincoli che hanno condizionato il precedente sessennio; se non ci sono capovolgimenti e inversioni di rotta nelle impostazioni , il rischio molto concreto è di ritrovarci tra sei, sette anni punto e a capo, se non addirittura peggio”.

Il numero comprende anche gli articoli di Pierciro Galeone, Direttore dell’IFEL – Istituto per la finanza e l’economia locale dell’ANCI, che approfondisce il tema della centralità di città e territori per le nuove politiche di coesione ponendo l’accento sul problema della frammentarietà degli interventi; Matteo Rebesani, Coordinatore rete Crescere al Sud, che ripercorre le tappe principali del Programma di servizi di cura all’infanzia che, a distanza di due anni, non ha prodotto gli esiti sperati.

Manuela Intrieri