Avevo visto acchiappare in tanti modi, ma con la legalità mai!”. È una delle battute del film “La nostra terra”, una commedia divertente, intelligente e scanzonata che narra una storia ispirata alla nascita delle cooperative agricole sui terreni confiscati alle mafie e, in particolare, all’esperienza dell’associazione Libera Terra, da tempo impegnata nel recupero sociale e produttivo dei beni liberati dalle mafie.

Diretto da Giulio Manfredonia e uscito nelle sale nel 2014, il film narra una storia italiana positiva, a dispetto del disfattismo di chi rappresenta solo i mali del nostro Paese.

Il racconto parte da lontano, ossia da quando la famiglia del boss Nicola Sansone (Tommaso Ragno) si appropria indebitamente delle terre del suo coetaneo e compagno di giochi Cosimo (Sergio Rubini), che diventa suo fattore. Anni dopo Nicola Sansone viene arrestato e le sue proprietà confiscate e assegnate ad una cooperativa locale che si rivela però incapace di gestirle.

Ad aiutarli viene mandato dal Nord Filippo (Stefano Accorsi), uomo che si occupa di antimafia dalla scrivania di un ufficio, e quindi totalmente impreparato ad affrontare la nuova situazione. Molti sono gli ostacoli che incontra e che lo spingono a mollare tutto, ma a farlo desistere saranno la rabbia, il senso di sfida e le dinamiche di questa cooperativa di persone alle quali via via si affeziona: in particolare Cosimo, che continua a coltivare quell’appezzamento che ben conosce, e la bella Rossana, piena di voglia di riscatto dal passato.

Scegliendo un tono leggero – distante dalle atmosfere cupe che spesso dominano nei film che affrontano il tema della mafia – Manfredonia dà spazio ad una pluralità di voci, fa riflettere e infonde speranza.

La lotta alla mafia si fa sui campi, quotidianamente, contribuendo alla costruzione di modelli virtuosi e promuovendo la cultura della legalità, che rappresenta un’opportunità e non solo un dovere.

Prima dei titoli di coda, il regista sceglie di ricordare Pio La Torre, promotore della legge che introdusse, per la prima volta nel codice penale, il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso, il sequestro e la confisca dei beni alla criminalità organizzata. Nel 1996 grazie all’impegno di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie furono raccolte oltre un milione di firme per una petizione popolare che chiedeva di introdurre il riutilizzo sociale dei beni confiscati proseguendo così il percorso tracciato da Pio La Torre, vittima innocente di mafia.

Alessandra Profilio