A Maiano di Sessa Aurunca, nell’Alto Casertano, il bene confiscato “Alberto Varone” è diventato un Rural Social Hub ovvero uno spazio dove perseguire lo sviluppo dell’agricoltura sociale e il supporto alle startup del settore agricolo.

“Qui si realizza l’enciclica Laudato sì di Papa Francesco, si raccoglie il grido della terra”, ha commentato don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera, che è intervenuto nel corso dell’inaugurazione.

Il Rural Social Hub, promosso dal consorzio di cooperative sociali Nuova Cooperazione Organizzata in partenariato con cooperative sociali locali e cofinanziato dalla Fondazione CON IL SUD in collaborazione con l’Istituto di Studi politici San Pio V, non è solo il tipico luogo in cui è possibile riutilizzare i terreni agricoli confiscati alla camorra, ma è anche uno spazio dove creare momenti di confronto, strutturare reti di collaborazione e rafforzare il sistema dell’economia sociale. “Qui infatti – ha spiegato don Luigi Ciotti – si mettono al centro le persone e le relazioni, e si comprende che questione sociale e questione ambientale stanno insieme e rappresentano il cuore delle sfide che dobbiamo affrontare”.

Un progetto che libera una terra sporca di violenza e corruzione, creando le condizioni affinché il bene confiscato diventi bene comune e venga effettivamente riutilizzato seguendo le vie della legalità. “Liberarsi dalla camorra, infatti, significa riscattare la bellezza”, come ha spiegato Don Ciotti ai numerosi studenti presenti all’inaugurazione.

Il Rural Social Hub è stato dedicato a Miro Kodelja, profugo deportato nel campo di concentramento di Dachau che, dopo essere giunto in Italia, fu rinchiuso per 40 anni in manicomio. Solo negli ultimi anni della sua vita, grazie a un progetto terapeutico sostenuto da budget di salute, Miro, con la cooperativa Al di là dei sogni di Sessa Aurunca che gestisce il bene confiscato, aveva ritrovato la libertà di potersi raccontare e di suonare le foglie, che arrotolava facendone un’armonica con cui ha creato varie melodie.

Quando salutava, Miro augurava a tutti “buona vita”. Per Simmaco Perillo, presidente della cooperativa, “dedicargli questo spazio, che vuole essere un ponte sul futuro, è raccogliere questo suo saluto, farlo nostro, incamminarci seguendo il suono delle sue foglie per restare fedeli alla bellezza e agli oppressi”.

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