Nel nostro Paese vivono stabilmente 5 milioni di persone di cittadinanza non italiana. Un dato che non tiene conto degli immigrati irregolari – che ammonterebbero a circa 435 mila, l’8% degli stranieri regolari. Solitamente si legge o si sente parlare di “emergenza”, ma l’immigrazione è ormai diventata una componente strutturale della società e dell’economia italiana. Negli ultimi anni l’importanza dei lavoratori stranieri, comunitari e non, è cresciuta: l’incidenza percentuale sul totale degli occupati è infatti passata dal 6,3% del 2007 al 10,5% del 2016. Gli andamenti mostrano, pertanto, un peso sempre più crescente della forza lavoro straniera nel mercato del lavoro.

Ciò nonostante, nel dibattito pubblico si tende ancora a sottovalutare il ruolo e il contributo che le migrazioni esercitano nello sviluppo economico, mentre si discute unicamente del lavoro come strumento di integrazione. Se si considera però che la “assimilazione economica”, cioè il processo attraverso il quale gli immigrati ottengono una performance nel mercato del lavoro simile a quella dei nativi, spesso non avviene e che al contrario gli immigrati sono più spesso colpiti dal fenomeno della “sovra qualificazione”, cioè dal fatto di disporre di un titolo di studio ben superiore a quello richiesto per lo svolgimento del posto di lavoro che occupano, l’integrazione è ancora una meta lontana.

In questo numero del magazine, proviamo a fare il punto sulla situazione o meglio a esplorare un fenomeno mediaticamente e politicamente dibattuto come l’immigrazione, osservandolo però da un punto di vista altrettanto articolato, complesso e sfuggente come quello del lavoro. Che però, probabilmente, ci permette di cogliere meglio anche altri aspetti sociali e culturali e di aggiungere qualche riflessione al dibattito.

Come consuetudine, lo facciamo attraverso la condivisione di idee, informazioni ed esperienze. Provando, anche, a smontare dei fastidiosi luoghi comuni. Ad esempio quello degli immigrati che rubano il lavoro agli italiani. Anticipiamo soltanto alcuni dati e riflessioni: in Italia una impresa su dieci è gestita da stranieri e la loro crescita in termini quantitativi è cinque volte più alta della media. Sappiamo che l’occupazione degli immigrati è maggiore nelle province più ricche, dove c’è meno disoccupazione per gli italiani. Così come sappiamo anche che spesso un “buon” lavoro di una donna italiana crea almeno un mezzo lavoro “modesto” per una donna straniera.

Accanto ai dati e alle riflessioni di esperti, come anticipato ci sono anche storie di associazioni, imprenditori e lavoratori immigrati. Esperienze spesso nate da organizzazioni del Terzo settore che, in una logica di rete con altre realtà non profit, istituzioni e privati, provano a creare le condizioni favorevoli affinché il lavoro diventi davvero uno strumento per rafforzare la coesione sociale e far crescere una comunità. E non il contrario, non mero oggetto di propaganda.

Restando sul tema del rapporto tra coesione e sviluppo, segnaliamo infine la nascita di 10 nuovi progetti per il contrasto allo sfruttamento lavorativo degli immigrati nelle regioni meridionali. Iniziative sostenute dalla Fondazione CON IL SUD e promosse da oltre 100 organizzazioni che, coniugando lavoro, solidarietà ed economia, proveranno a scrivere un’altra storia. Partendo proprio dai diritti negati, non solo ai singoli lavoratori ma a tutta la comunità.

Nota: Il magazine resterà aperto per tre mesi per accogliere ulteriori contributi sul complesso quadro del fenomeno migratorio, i suoi effetti e la percezione rispetto al mondo del lavoro. Per conoscere le modalità di invio delle proposte, consultare la sezione Info.