Il ritorno alla terra è un fenomeno in costante crescita, in particolare tra gli under 35. Le statistiche sono solite leggere questo trend come conseguenza del fatto che, nei periodi di crisi, l’agricoltura assorbe forza lavoro espulsa da altri settori. Tuttavia, chi è abituato a osservare i fenomeni in profondità non può sfuggire alla constatazione che la maggioranza di coloro che tornano (o approdano) all’agricoltura lo fa per una precisa scelta di vita.

Transumanza Tour (Italia, 2016 – durata: 90 min.), per la regia del bolognese Valerio Gnesini, è un documentario musicale che racconta – e canta – questo fenomeno come scelta di vita, come recupero di senso, come attenzione per le generazioni future. Il titolo riprende sia l’idea di campagna e di lavoro contadino, sia il concetto di viaggio, spostamento, migrazione.

Il regista racconta di aver trovato ispirazione quando, trovandosi nella campagna siciliana, fu incaricato di andare a prendere alla stazione un ospite di San Francisco che era venuto in Italia attraverso la rete WWOOF per lavorare 4-5 ore al giorno in una fattoria in cambio di vitto, alloggio e condivisione di saperi.

“Viviamo molto lontani dal mondo contadino – racconta Valerio – e non immaginiamo neanche quanto possano essere bravi i wwoofers, i ragazzi che viaggiano lavorando la Terra. Al centro di tutto ci sono lo scambio e le relazioni”.

Nacque così il progetto di raccontare il mondo dei wwoofer. Mancava però un tassello importante. Chi ci avrebbe accompagnati in questo percorso? La risposta arrivò solo due anni dopo, assistendo per caso a un concerto del trio folk genovese “Vito e le orchestrine”, che in quel periodo mettevano in scena una raccolta di racconti musicati, con protagonisti gli ultimi, gli animali, le contraddizioni del mondo e i possibili rimedi. Quei tre giovani musicisti dovevano assolutamente diventare i narratori di un road movie in grado di attraversare la speranza di una rivoluzione gentile, di una via di fuga dal sistema, di un’alternativa al lavoro urbano, fra le braccia di una natura amata con rispetto parentale.

“Abbiamo raccolto il denaro necessario per il viaggio attraverso un crowdfunding e siamo partiti. Quasi tutta la troupe ha lavorato senza la certezza di essere pagata, la condivisione e la convinzione in ciò che facevamo erano il fulcro del progetto”, racconta il regista.

Arianna, Susanna e Vito partono dunque da Maratea per questo viaggio fra musica e volontariato agricolo. Nella loro auto, un violino, una chitarra e una pecora disegnata sulla copertina di un disco. Sui loro volti, nei loro accenti, la loro diversità e il loro entusiasmo. Tappa dopo tappa – dalla Basilicata all’Abruzzo, dalle Marche alla Toscana, dall’Emilia alla Liguria – incontreranno altri wwoofer come loro, e i proprietari delle fattorie ospitanti. Fra un lavoro agricolo e l’altro, impareranno a conoscere l’agricoltura biodinamica, la bioedilizia, la permacultura, le scuole steineriane, le proprietà delle piante officinali, le danze tradizionali e molto altro. Nel frattempo continueranno a suonare e a comporre la loro musica: ogni fattoria, un concerto.

 

Ezio Maisto