Cenni, il più grande progetto residenziale realizzato in Europa che utilizza un sistema di strutture portanti in legno. L’intervento offre appartamenti a prezzi contenuti e una soluzione abitativa innovativa che si basa sulla cultura dell’abitare sostenibile e collaborativo. I destinatari di questo intervento sono principalmente i giovani, intesi sia come nuovi nuclei familiari che come single in uscita dalla famiglia d’origine. Progetto finanziato dal Fondo Immobiliare di Lombardia.

Giusy Turla, 40 anni, sales account.
Abita a Cenni dal 2014 con la sua bambina di 10 anni.

«Da dove comincio? Da quando mi hanno detto che ero “troppo ricca” per le case popolari e “troppo povera” per Cenni? O da quando mi hanno telefonato per avvisarmi che c’erano le chiavi, che l’appartamento di Cenni mi stava aspettando? E’ stato uno dei giorni più belli della mia vita, ho lottato tanto per quell’appartamento, per un posto per me e la mia bambina. Anni ospite sui divani degli altri, a casa di mia madre, da mia cugina. Se non l’hai provato non puoi sapere che cosa vuol dire non avere un letto tuo, una cucina dove preparare da mangiare a tua figlia».

Il giorno in cui Giusy e la sua bambina entrano nell’appartamento di Cenni «un bilocale che a me sembra un castello» è il 23 febbraio 2014, Giusy se lo ricorda benissimo perché «quando ho chiuso la porta per la prima volta dietro di noi è stato come se mi fossi lasciata alle spalle anche tutti gli anni di sofferenza che avevano preceduto quel momento». Anni che precipitano una bella, giovane mamma innamorata del suo compagno e appagata della sua vita lavorativa in una marginalità che solo poco tempo prima sembrava lontana, impossibile: «Dal 2011 al 2014 è successo di tutto: il concessionario dove lavoravo da quindici anni come responsabile amministrativa ha chiuso per fallimento. Adoravo il mio lavoro, la mia indipendenza economica, i miei colleghi. Finito tutto. Nello stesso periodo mio padre si è ammalato ed è morto, nel giro di poco tempo. Quando è mancato abbiamo scoperto che la sua azienda edile aveva un sacco di debiti a cui abbiamo dovuto far fronte. Io e il mio compagno non abbiamo retto e ci siamo separati, ho lasciato la casa dove vivevamo in affitto. Avevo una bambina piccola, nessun lavoro e non potevo contare su di lui, che a sua volta non aveva un reddito». Giusy si mette in graduatoria per le case popolari, nel frattempo vaga di casa in casa contando sull’ospitalità degli amici e dei parenti, non smette di darsi da fare ma trova solo lavori precari: «L’aspetto paradossale è che ero sempre in fondo alle graduatorie per le case popolari perché comunque, grazie ai miei impieghi, per quanto poco pagati e non garantiti, avevo un piccolo reddito. Ero “troppo ricca”!

Intanto cercando su internet avevo scoperto “Cenni”. Non c’era ancora niente di costruito, ma mi sono innamorata immediatamente del progetto, ho pensato che quello era il posto dove volevo crescere la mia bambina e ho partecipato al bando. Ma la mia candidatura è stata respinta: “troppo povera” per sostenere l’affitto. Io però non mi sono arresa, ho scritto al Comune, a Cenni, nel frattempo appena potevo andavo a vedere il cantiere, era il mio sogno. E alla fine ce l’ho fatta».

Giusy paga 400 euro di affitto, è una mamma single con lavori precari che non potrebbe permettersi un canone a prezzi di mercato: «se non abitassi in un appartamento in un housing sociale potrei vivere solo nelle case popolari. Senza nulla togliere a una soluzione di quel tipo, io sono una donna sola con una bambina e non sarebbe stato un contesto dove mi sarei sentita al sicuro. A Cenni siamo tutti uguali a tutti e la mia piccola famiglia di due donne è dentro a una famiglia più grande, dove ci sosteniamo, collaboriamo e ci aiutiamo. Non mi sono sentita sola nemmeno un giorno, non ho mai avuto paura, chiudo la porta per abitudine ma potrei non farlo, la mia bambina gioca nel giardino o negli spazi comuni libera, perché è come se fossimo in un piccolo paese e io sono orgogliosa di poterle offrire una realtà bella. Una notte mi sono sentita male e non avevo medicine, ho scritto sul nostro gruppo whatsapp: “Se c’è qualcuno sveglio mi può portare una tachipirina?”. Dopo cinque minuti, anche se erano le tre di notte, è arrivata la tachipirina! Dove altro sarebbe stata possibile una cosa così? Nella casa dove abitavo con il mio compagno ho conosciuto il mio vicino il giorno in cui ho traslocato per andare via!».