Agricoltura biologica significa prodotti sani e buoni per chi li mangia, tutela dell’ambiente e rispetto per i lavoratori. Ed è una scelta che conviene a tutti. Ne abbiamo parlato con Vincenzo Vizioli, presidente dell’AIAB, associazione italiana dell’agricoltura biologica.

Qual è il ruolo dell’AIAB in questa filiera del biologico?

La nostra associazione rappresenta la storia del biologico perché siamo nati scrivendo i primi disciplinari dell’agricoltura biologica ben prima che nascesse il regolamento comunitario. All’inizio siamo stati anche un’associazione che garantiva la qualità del prodotto, poi, nel 2000 quando il biologico ha iniziato a crescere, abbiamo fatto una scelta radicale e siamo diventati un’associazione di rappresentanza politica. Associamo produttori, consumatori e tecnici perché riteniamo che il consumatore non sia l’anello finale della catena, ma sia un alleato per poter fare questa crescita. Il nostro ruolo è quello di promuovere il biologico, di dare servizi alle aziende e di fare formazione e ricerca perché in questo momento il biologico ha bisogno di un sostegno tecnico e scientifico per crescere. Il biologico non è il ritorno al passato, è l’innovazione del futuro.

Cosa si intende per agricoltura biologica?

L’agricoltura biologica è un metodo, una tecnica di produzione che non fa uso della chimica di sintesi e che ha come principio fondamentale quello di alimentare e creare biodiversità sia nel suolo che nel soprassuolo. Si basa sull’equilibrio naturale del sistema che viene sempre implementato da tecniche che fanno capo a quel criterio generale che può essere definito agroecologico.

Quindi è una scelta vantaggiosa sia per chi produce che per chi consuma?

Per dirla con uno slogan: chi fa agricoltura biologica si impegna a fare prodotti sani e buoni per chi li mangia, per l’ambiente in cui sono prodotti e anche per la salute di chi produce. Poi c’è un altro valore ancora più alto che è quello del metodo riconosciuto come utile per il contrasto ai cambiamenti climatici.

È un settore in crescita?

L’agricoltura biologica è un settore ormai da tre anni in crescita esponenziale. Quest’anno i dati che ha prodotto il Ministero delle Politiche Agricole dicono che siamo cresciuti di oltre il 20% in superficie e in numero di operatori e, soprattutto nel mercato, quello che sta facendo la differenza è che la domanda interna è cresciuta del 24%.

È un cambiamento culturale o si tratta di una moda?

No, non è una moda. È un percorso che è iniziato tanto tempo fa. Purtroppo il merito di questa crescita non è della politica perché il piano nazionale per il biologico è fermo all’EXPO, la ricerca è poco sostenuta, la legge quadro sul biologico è da due legislature che non riesce ad essere approvata. Il vero motivo per cui c’è stata questa esplosione e questa crescita è la paura che i consumatori hanno dei pesticidi e, siccome le informazioni adesso circolano, le dichiarazioni rassicuranti del “tanto un pochino non fa male” lasciano il tempo che trovano. Inoltre abbiamo un’agricoltura che sta creando grandi difficoltà all’agricoltura convenzionale e alle aziende perché questa idea, per me poco condivisibile, di confrontarsi sempre con il mercato globalizzato ha fatto sì che i prezzi siano talmente bassi che molte aziende hanno chiuso e quindi si orientano verso il biologico come possibilità di reinserimento, per differenziare e vedere riconosciuto il loro lavoro.

Come si protegge il settore dalle truffe?

Sicuramente ci sono state delle frodi nel biologico e quasi tutte provenienti dai prodotti di importazione perché la certificazione di questi prodotti è uno dei buchi su cui bisogna fare grandissima attenzione. C’è un sistema di controllo e ci deve essere anche un sistema di vigilanza. Poi le questioni commerciali non possono stravolgere questo sistema e quindi le importazioni da Paesi che non hanno un regolamento uguale all’Europa devono essere attenzionati e soprattutto chi sbaglia deve pagare e pagare pesantemente.

L’Onu ha riconosciuto il ruolo chiave del bio, la politica italiana sta facendo abbastanza? Cosa manca e cosa andrebbe fatto?

Il riconoscimento del biologico è stato un riconoscimento di fatto perché non si poteva più pensare di considerarlo una nicchia, ormai tutte le linee commerciali vogliono avere la linea di biologico, il consumatore lo chiede. Quindi anche chi non ci crede, il biologico lo deve prendere in considerazione perché altrimenti perde fidelizzazioni. Bisogna fare molto di più, serve una campagna di informazione per i consumatori per far sapere cos’è il biologico, come si riconosce, come si legge un’etichetta, ma soprattutto noi paghiamo un prezzo molto alto perché non esiste una scuola italiana di agricoltura biologica, non esistono corsi ed è un gap da recuperare.

E nel futuro cosa vede?

Il biologico è l’occasione per fare bene agricoltura, per fare un’agricoltura che sia rispettosa del territorio e della salute delle persone e questo dovrebbe essere la strada su cui dobbiamo lavorare tutti. Bisogna evitare che il biologico perda questi valori che sono legati al rispetto dell’ambiente e alla salute di chi consuma.

 

Ludovica Siani