Rigenerazione urbana

Il parco recuperato dai cittadini, al Mandrione di Roma

#Com'è possibile - 17 Novembre 2022

“Questo è il nostro fiore all’occhiello!! Un terreno di proprietà delle ferrovie ormai abbandonato a discarica è stato bonificato e riportato ad uno stato decente, creando un punto d’incontro sia per i cittadini e sia per bambini con uno spazio dove finalmente possono giocare”. È il primo messaggio che si legge, messo ben in evidenza sotto l’immagine del giardino, collegandosi al blog del “Comitato Casilina Vecchia Mandrione” di Roma. Il comitato di quartiere è nato nel 2002 affrontando da subito una serie di battaglie per il bene comune, aggregando nel tempo le varie componenti che abitano il quartiere, cittadini, famiglie, associazioni, divenendone un prezioso punto di riferimento.

“Tutti i lavori effettuati nel terreno dopo la prima parziale bonifica nella quale siamo stati aiutati dal nostro municipio e dell’AMA (l’azienda municipalizzata che si occupa della gestione dei rifiuti nella Capitale, ndr) – si continua a leggere –  sono stati effettuati dai residenti della zona i quali si sono autotassati per poter disporre delle finanze necessarie per la messa in sicurezza e l’abbellimento”.

Per chi non conosce la toponomastica di Roma, il Mandrione è poco distante da Porta Maggiore, al confine tra il V e il VII municipio, nello spicchio di città tra la via Tuscolana, la via Casilina vecchia e il Pigneto, un tempo annoverato tra le borgate e ora tra i quartieri con maggior fermento culturale e sociale, protagonista di un grande processo di trasformazione. Storia, ambiente, incontro tra culture, una forte presenza dell’associazionismo, un pezzo di città che si fa “ecomuseo urbano” e che racchiude idealmente il tutto. L’artista Luca Zamoc nel commentare la sua opera “Il suono del tempo”, un murale di 170 mq che si intravede nel video, realizzato all’inizio di quest’anno con il supporto dell’associazione culturale Trenta Formiche, ha dichiarato al web magazine di quartiere: “Quando ho visto il Mandrione mi è esplosa la testa: come a Istanbul, la città contemporanea si è mangiata la città antica, l’urbanistica pazza si arrampica come l’edera su una quercia. Quindi al posto del palazzo in basso, sulla destra del murale, ora ci sono le arcate dell’acquedotto, una variazione rispetto al progetto originale che mi è servita per comunicare con il territorio qui attorno”. Il murale, visibile da chi prende la via Casilina, magari a bordo dello storico trenino giallo che parte da Termini, rappresenta anche questo, un messaggio, una proposta per un cambiamento di tipo partecipativo, che possa essere realmente sostenibile dal territorio. Alle spalle del murale, si incrocia via del Mandrione, una strada lunga, molto suggestiva, che costeggia gli archi dell’acquedotto Felice. Una via che è testimone di una storia antica e recente della città. La zona, dopo i bombardamenti del ’43, fu occupata dagli sfollati del quartiere San Lorenzo, spuntarono le baracche, abitate da comunità rom e da meridionali, fu scelta da Pasolini per ambientare scene memorabili di Accattone (1961). Una via dalla forte identità, messa a dura prova dalle rapide evoluzioni, un quartiere che è stato, e continua ad essere, al centro di significative trasformazioni urbane, sociali e culturali.

In questo contesto, come raccontano nel video Claudio Isidori e Valentina Francese, rispettivamente presidente e segretario del comitato di quartiere, e come testimonia anche Mauro D’Alessandro dell’associazione musicale Battiti! che contribuisce ad animare lo spazio comune coinvolgendo bambini e famiglie, gli abitanti svolgono un ruolo fondamentale, sia nel preservare l’anima e la storia del quartiere, orientata all’inclusione, sia nel rapportarsi con le istituzioni in un dialogo costruttivo, non sempre facile ma opportuno e utile, finalizzato alla tutela e valorizzazione del bene comune e al benessere della comunità. Un esercizio di cittadinanza attiva, per giungere a una dimensione realmente “pubblica” e condivisa dello sviluppo di un territorio.

Servizio a cura di Fabrizio Minnella